LECCE (di Tiziana Colluto)- I test di patogenicità condotti dal Cnr di Bari su Xylella, vale a dire gli esperimenti essenziali per capire se è il batterio a far seccare gli ulivi, si sono svolti all’interno di serre bucate. E rischiano, dunque, di essere inficiati. Tra l’altro, sono iniziati cinque mesi prima di ricevere la necessaria autorizzazione.
È uno dei dettagli più gravi ad emergere dal decreto di sequestro degli ulivi destinati all’abbattimento disposto venerdì dalla Procura di Lecce e in attesa di convalida dal gip Alcide Maritati entro fine anno. Il 5 novembre scorso, la polizia giudiziaria ha effettuato un sopralluogo assieme al consulente tecnico Francesco Ranaldi, per verificare lo stato di avanzamento dei lavori. “Può sin d’ora rilevarsi – è scritto nel provvedimento – che la rete della serra presentava una grossa fessura che ne permette il contatto diretto con l’esterno e che pertanto non è garantito l’isolamento totale delle piante in essa allocate per la sperimentazione”.
La serra si trova in località Li Foggi, a Gallipoli, all’interno del vivaio forestale dell’Arif, uno dei luoghi in cui vengono svolti i test, oltre agli ambienti del Dipartimento di Bari e a quelli in campo aperto.
Lì, a Li Foggi, sono a dimora numerose piantine di varie specie su cui Xylella è stata veicolata mediante infezione naturale da parte del vettore e inoculo artificiale del batterio. Quelle prove, però, come emerso dalla documentazione fornita, sono iniziate a partire dal 4 luglio 2014, mentre il Cnr è entrato in possesso della necessaria autorizzazione alla detenzione e manipolazione del patogeno da parte del Servizio fitosanitario nazionale solo il 16 dicembre 2014. Anche per questo quei test, ancora in corso, potrebbero essere invalidati.